venerdì 25 dicembre 2020
sabato 12 dicembre 2020
La creatività non va in lockdown
La pandemia sta modificando, forse irreversibilmente, consuetudini e regole della vita sociale, sta trasformando il mondo del lavoro, sta scuotendo l’economia.
La
fotografia è stata il medium che ha mostrato, con più efficacia di altri,
quello che stava succedendo, intessendo un racconto collettivo ed individuale
senza precedenti. Non era scontato che fosse così.
Il
video, al contrario, è stato utilizzato soprattutto come strumento di condivisione
e comunicazione, ma non è stato capace di raccontare il quotidiano con altrettanta
efficacia della fotografia, forse perché sopraffatto da un rumore di fondo di
parole e messaggi contraddittori, concitati e confusi.
Il rumore bianco della comunicazione nell’era dei social.
In
questo contesto, in pieno lockdown, incontrarsi era impossibile,
figuriamoci realizzare ritratti in studio ed allora, da un giorno all’altro,
abbiamo imparato a lavorare su Teams, a organizzare meeting su Zoom,
seguire dirette su Instagram e…a fotografare a distanza.
Il
“remote shooting” è diventato immediatamente popolare e ci ha permesso
di realizzare vere e proprie sessioni fotografiche a distanza, usando
fotocamere ed etiche professionali, generando modalità di lavoro completamente
nuove. Al soggetto, ad esempio, è stata affidato l’allestimento del set e
dell’attrezzatura fotografica, mentre la fotocamera poteva essere impostata e
controllata a distanza dal fotografo, attraverso le comuni piattaforme di
condivisione.
Scattare
in remoto ha reso evidente la centralità e co-autorialità del soggetto
fotografato nel processo creativo cosa che, in condizioni di normalità, tende a
passare in secondo piano.
Lo shooting da cui è tratta questa immagine è stato realizzato in remoto, attraverso la piattaforma Zoom con una fotocamera Sony a7. Modella: @eva_lunia