martedì 9 giugno 2020

La forza di una fotografia

Il racconto della Signora Celia

La Signora Celia  è la mamma di Alessandra, mia compagna di scuola al liceo. La signora Celia, quando nel 1943 gli Alleati sbarcarono in Sicilia, era una bambina. Alcun giorni fa, ha deciso di raccontare alcuni episodi di quel tempo, perché ci ricordassimo di quanto la guerra, ogni guerra, sia terribile ed ingiusta. Alessandra ha postato quella bella intervista su Facebook. 
Tra le altre cose, la Signora Celia racconta questo episodio, che ancora oggi la fa commuovere:
“Avevano preso un Tedesco, lo avevano attorniato e lo volevano ammazzare. Perchè era tedesco.
Spaventato, lui fece per aprirsi la blusa ed in quel momento gli cadde il portafogli a terra. Ne vennero fuori due fotografie, su cui erano ritratte una donna con dei bambini 
Guardandole lui disse: “Meine Familie, meine Frau”.
Quelli che lo stavano per uccidere, dopo un attimo di esitazione, si allontanarono.
Quelle foto hanno salvato una vita, perché attraverso di loro è stato visto come un Uomo, mentre prima era un nemico”.

La fotografia è un oggetto strano, dal significato cangiante, eppure è un linguaggio universale e potente. Quelle due fotografie sono riuscite a fare quello che gli occhi terrorizzati di quel tedesco, le sue lacrime, la sua paura, la sua presenza e fisicità, non erano riuscite a fare: togliere il velo dell’odio dallo sguardo dei suoi carnefici e mostrarglielo per quello che era: un uomo.
Oggi, 10 giugno 2020, ricorre l’ottantesimo anniversario dall’entrata in guerra dell’Italia. 
Mio nonno Altiero, disperso in mare di fronte alle coste di Durazzo il 28 giugno 1940, non ebbe mai la possibilità di vedere sua figlia, perché morì lasciando la moglie in attesa di una bambina che, crescendo, lo ha conosciuto attraverso le parole e le immagini, che le hanno restituito uno sguardo senza fine.

Nella foto: il nonno Altiero in procinto di partire per la guerra, che non fece mai.

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